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Arjuna e la postura dell'albero

Il re Parikshit, regnante saggio a cui viene rivelato lo Shrimad Bhagavatam, appartiene alla discendenza dei Pandava, in particolar modo è nipote di Arjuna (1), figura protagonista nel dialogo con il divino Krishna nella Bhagavad-gita.
In questo purana il saggio Maitreya parla della forma universale del Signore:

Quando i ventitrè elementi principali divennero attivi per volontà del Supremo, la gigantesca forma universale, la visva-rupa del Signore, fu manifestata (2)

Questa particolare forma universale del divino è descritta anche nella Bhagavad-gita quando Arjuna vede con gli occhi della coscienza le potenze infinite di Krishna.
Arjuna, grazie a queste discendenze e connessioni, rappresenta dunque un simbolo importante per la trasmissione dello Yoga, tanto che gli è dedicata una famosa opera situata a Mahaballipuram, oggi patrimonio dell’umanità. Qui, attraverso la sua rappresentazione, troviamo una delle traccie storiche più importanti e significative della postura dell’albero, vrikshasana, assunta in questo contesto proprio da Arjuna. Ai giorni nostri la postura dell’albero è una delle posizioni più famose, quasi una icona universale, spesso utilizzata come immagine di riferimento dello Yoga fisico. Nel contesto moderno, soprattutto in quello occidentale, non di rado, vrikshasana assume anche il significato di imago dell’equilibrio psicofisico, comparando l’abilità di rimanere in equilibrio con il corpo alla medesima capacità che il soggetto può avere con la mente. Quale ulteriore significato, proveniente da questa posizione, potrebbe dunque arricchire il praticante moderno delle asana, facendo ricorso alla memoria della cultura tradizionale dello Yoga? Quali valori si potrebbero acquisire attraverso la storia e il sapere antico, così da offrire reali spunti evolutivi da calare nel quotidiano, anche nel terzo millennio?
Ancora una volta il nipote di Arjuna, Parikshit, può venirci in aiuto per rispondere alla domanda. Egli, secondo la narrazione dello Shrimad Bhavatam, viene salvato dalla potenza del divino Krishna che nella forma di Paramatma lo protegge fin da quando era nel grembo di sua madre Uttara. Arjuna offre così una delle più belle preghiere nel riconoscere le peculiarità divine della Suprema persona di Krishna:
Arjuna disse:


O Sri Krishna, mio Signore, Tu sei Dio, la Persona Suprema e onnipotente, le cui molteplici energie non conoscono limite. Tu solo, dunque, puoi dissipare ogni paura dal cuore dei Tuoi devoti. In Te soltanto gli esseri prigionieri del fuoco delle sofferenze materiali possono trovare la via della liberazione. (3)

La posizione dell’albero, che caratterizza Arjuna nel contesto della raffigurazione del bassorilievo di Mahaballipuram, emerge dunque non più come una semplice rappresentazione del mondo vegetale o di un mero bilanciamento psicofisico, ma una intensa espressione dello “spirito ascetico” (mantenersi volutamente in equilibrio su di una sola gamba, disponendone di due) e della sottomissione e unione al divino (gesto delle mani giunte sopra la testa). Il praticante moderno attraverso questa posizione, può diventare dunque partecipe di una memoria storica caratterizzata da nobili qualità umane come lo spirito ascetico (tapas) e la devota sottomissione al Supremo (Ishvarapranidana), due pilastri dello Yoga pratico (kriya) descritto da Patanjali.
Due qualità dello Yoga tradizionale che, a ben guardare, potrebbero fare la differenza nella qualità della vita anche dell’uomo di oggi, appiattito ormai in un modus vivendi sempre più lascivo e agnostico.

(1) Shrimad Bhagavatam VI canto cap. 6 versi da 33 a 36
(2) Shrimad Bhagavatam III canto cap. 6 verso 4
(3) Shrimad Bhagavatam I canto cap. 7 verso 22

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