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Il quattordicesimo Avatara

Nel settimo canto dello Shrimad Bhagavatam (antico testo purana) si narra la storia di un importante avatara di Vishnu/Krishna di nome Narasimhadeva, legato alla devozione del piccolo Prahlad Maharaja, il quale rappresenta un modello di abbandono a Dio. La manifestazione di Narasimhadeva viene rivelata nel purana con queste parole:
Il quattordicesimo avatara fu Nrisimha, che squarciò con le Sue unghie il possente corpo dell’ateo Hiranyakasipu, come un carpentiere spezza un fuscello.
Narasimhadeva è dunque descritto in questo passaggio come manifestazione giustiziera e divina in difesa del suo devoto. Per avatara si intende “Colui che discende", e in merito alla figura di Narasimhadeva, la tradizione lo descrive anche nella sua forma caratterizzata dalla quiete Yogica. In particolar modo nella letteratura e nell’archeologia antico-indiana troviamo le 9 manifestazioni di Narasimhadeva, tra cui quella di Narasimha Yogananda, colui che trova felicità nello Yoga.
Le asana in cui Narasimhadeva è assiso, si trovano ancora oggi rappresentate nei reperti archeologici e sono fondamentalmente tre: sukhasana, padmasana e lalitasana. La prima postura è caratterizzata dal confort (sukham), la seconda è simbolo della purezza rappresentata dal fiore di loto (padma), la terza postura serve per tenere in grembo Hiraniakashipu (lalitasana).
Narasimhadeva viene rappresentato anche con striscia di stoffa (patta) utilizzata fin da tempi remoti come supporto per la schiena nella posizione seduta, da cui il tradizionale nome di yogapattasana. L’utilizzo di questo strumento serve a calmare le agitazioni della mente attraverso il confort (sukham) nella posizione seduta. Rifacendosi a questo esempio di Narasimhadeva, anche nello Yoga contemporaneo si usa la cintura per l’esecuzione di alcune asana, recuperando così un antico principio che è quello del confort nella pratica yogica.
Narasimhadeva rappresenta e forse anticipa il famoso principio di Patanjali secondo cui la pratica delle asana deve essere caratterizzata proprio dal confort (sukham) oltre che dalla fermezza (sthira). L’obiettivo non è ottenere, con fatica e sforzo, una particolare prestazione fisica; lo scopo della pratica in rilassamento è creare opposizione allo sforzo stesso.
L’ottenimento di sukham può essere raggiunto attraverso supporti di natura esterna (cintura, cuscino, mattoncino, ecc.) e il corretto posizionamento del corpo orientando l’attenzione all’ascolto ed alla concentrazione interiore. Narasimha Yogananda è dunque un modello di come lo Yoga educhi a non violentare il fisico, favorendo lo sviluppo della migliore consapevolezza mediante strumenti idonei che hanno la funzione di lenire le afflizioni del corpo evitando che possano trasferirsi anche sul piano della mente.
Dunque l'antica cultura e tradizione indiana sembrano conservare un importante messaggio per i praticanti moderni dello Yoga: una postura che diventa non solo fisica ma anche etica attraverso il rispetto non violento (ahimsa) delle proprie potenzialità su tutti i piani dell’essere: fisico-psichico-spirituale.
Molti reperti archeologici raffigurano Narasimhadeva in sukhasana con la cintura (patta), per sorreggere e stabilizzare la posizione nel rispetto del confort. Un antico reperto bronzeo del 1250 ritrovato nel Tamil Nadu, raffigura questo avatara in questa postura. Il reperto è conosciuto appunto come Yoga Narasimha. Stessa rappresentazione si trova in un bassorilievo nel tempio di Lakshmi Narasimha in India del Sud, che risale 1246, anno di costruzione del tempio che si trova a Nuggehalli, un villaggio tra la cittadina di Hassan e Bangalore. Probabilmente il reperto più significativo e di impatto visivo è quello che si trova ad Hampi, nella regione del Karnataka, sempre in India. Qui una gigantesca e antica scultura monolitica rappresenta Yoga Narasimha in sukhasana con la cintura di supporto ed è oggi preservata quasi intatta fin dai tempi della dinastia Vijayanagara. Un altro tempio dedicato a Yoga Narasimha è quello di Tirumala, località tra le più importanti e significative della devozione vaishnava. Valido riferimento è anche il tempio di Yogananda Narasimha Swami ad Ahobilam nello stato dell’Andhra Pradesh, visitato da Caitanya Mahaprabhu nel suo pellegrinaggio verso il Sud dell’India intorno all’anno 1500: si narra che il Signore Narasimha, dopo aver sconfitto Hiranyakashipu, insegnò a Prahlada alcune posizioni Yoga. In particolar modo in questo tempio Yoga Narasimha è rappresentato in posizione di padmasana con la cintura intorno alle gambe. Si tramanda anche che il Signore Brahma abbia visitato questo luogo in un momento in cui aveva la mente agitata: adorando il Signore Narasimha e praticando lo Yoga ha raggiunto la pace. Un altro antico tempio del 770 dopo Cristo, dedicato alla divinità di Yoga Narasimha Perumal, si trova nei pressi di Madurai in Tamil Nadu.

Per l’archeologia, la storia, l’arte e la tradizione Vaishnava (la tradizione del culto a Vishnu) la rappresentazione della divinità di Narasimhadeva nella versione Yogica è dunque molto ricorrente e offre spunti di riflessione importanti a chi pratica la disciplina dello Yoga in epoca moderna. Ulteriori conferme sulla manifestazione di Narasimhadeva nella versione Yogica vengono fornite anche dalla letteratura tradizionale. Tra i diciotto Maha purana, i racconti storici dell’India classica, troviamo lo Skanda purana in cui si narra la storia di re Indradyumna che riceve in visione (darshan) la manifestazione della divinità di Narasimhadeva.
In questo trattato, nella sezione vaishnava kanda, si racconta di questa visione del re in cui la divinità si manifesta nella sua forma di Yogananda mentre è in posizione di sukasana con l’utilizzo della patta per lo Yoga.

"Allora Indradyumna, dopo aver ricevuto il grande mantra [del Signore Nrisimha] dalla bocca di Brahma [ebbe una visione] del Signore Nrisimha nella sua forma pacifica, shantavapusham, reclinato sul petto di Lakshmi, con il disco e l’arco, con gli occhi simili alla Luna, al Sole e al Fuoco, distendendo le Sue mani di loto al di sopra del ginocchio, assiso in una seduta di yogapatta su un loto di 32 petali nel mezzo del mantra, dotato di un pericarpo risplendente nella forma di Pranava, seduto in una posizione comoda [sukhasinam], mentre rideva sonoramente, contemplando il volto di loto di Shri, adornato da capelli satinati e che brilla come pietre preziose. Dietro al Signore vi è un baldacchino fatto di centinaia di teste di cobra allargate".

In una società ormai sempre più caratterizzata dalla violenza, spesso anche solo verbale, ci arriva un segnale di speranza grazie ad un modello virtuoso che si tramanda da secoli. Lo Yoga tradizionale delle posture sembra essere ancora oggi la pratica fisica dove il corpo e la mente vengono rispettati ed armonizzati nel profondo, presupposto ormai perso in molte delle discipline fisiche praticate nell’era moderna.

Fabio Pitti

 

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